30 novembre 2010
È LA RETE, BELLEZZA
“È altissimo il costo delle utopie regressive, quei ghirigori
tracciati sull’ordito della storia umana allo scopo di restaurare uno
stato edenico, riaprendo le porte del paradiso terrestre per ricondurre
il nostro ceppo a prima del morso della mela e a prima della cacciata.
Wikileaks, ambigua e affascinante associazione bloggistica che scherza
con il fuoco ormai da anni, nella pretesa di tutelare il mondo
dall’oscurità di motivazioni e comportamenti dei governi (“we open
governments” il loro slogan), è l’ultima incarnazione di questa idea che
la politica possa essere comunionale e paciosa, priva di contraddizioni
e conflitti, esente dal dovere del segreto e del doppio linguaggio
(soprattutto in diplomazia e nei sistemi di difesa e di attacco).”
Il limite del consueto ragionar politico è tutto qui. Come se il fenomeno WikiLeaks
condividesse anche solo una frazione delle categorie concettuali con
cui solitamente s’incasellano movimenti, tendenze e rivoluzioni. Nessuno
strumento di decodifica a disposizione, al contrario, è stato in grado
di fornire a politici, cattedratici e giornalisti la chiave
interpretativa per capire fino in fondo “l’11 settembre della
diplomazia”, com’è stato definito il mega-scoop planetario messo a segno
dal sito di Julian Assange.
Non c’è nessun Afghanistan da invadere/liberare, nessuna guerra santa
contro l’Occidente e, soprattutto, nessuna trattativa in corso.
“Ti offro la verità, niente di più”, diceva il Morpheus di Matrix
a un Keanu Reeves piuttosto accigliato e così Assange. Forse la
percezione che sia stato varcato un punto di non ritorno sta cominciando
a serpeggiare e i tradizionali bastioni del potere, che si reggono da
sempre sull’asimmetria di verità rispetto alla gente normale,
devono aver passato proprio un brutto quarto d’ora. E se lo status
continuasse ad assottigliarsi? E se l’asimmetria si finisse per
ribaltare?
Ironia della sorte, il colpo di WikiLeaks avviene negli stessi giorni in cui uno dei padri della Rete, Vinton G. Cerf ha annunciato che, di qui a otto mesi, su Internet ci sarà il tutto esaurito (4,3 miliardi di varchi d’accesso raggiunti) e durante il primo suicidio virtuale
di star a scopo benefico. Justin Timberlake, Serena Williams, Lady Gaga
staccheranno la spina ai propri avatar su Facebook e Twitter e solo le
donazioni per i bimbi malati di Aids riusciranno a farli tornare in
vita. Ci vuole del coraggio, di questi tempi, a pensare di essere più
potenti della Rete o forse è solo la metrica della potenza a essere
cambiata e le rock star dei social network e gli hacker rivoltosi
contano più di legioni di dignitari, con la piuma sul cappello.
Così nel sondaggio
di Corriere.it, nonostante la domanda “La Casa Bianca scrive ad
Assange: ‘Le rivelazioni di WikiLeaks mettono in pericolo vite umane.
Non pubblicatele’. Sei d’accordo?”, il 45,6% dei lettori riesce a
rispondere “no”. L'articolo è stato pubblicato su The FronPage.
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